Mario Perrotta ci spiega cosa fu per i giovani italiani l'esperienza della Grande Guerra e come in quell'occasione nacque la lingua italiana.
Una serata in cui si osserva uno scorcio della vita di tanti ragazzi diciottenni che, esattamente cento anni fa, furono improvvisamente sbalzati dalla loro quotidianità per essere proiettati nell''esperienza allucinante e terribile della Prima guerra mondiale. Fu un'esperienza che distrusse un'intera generazione. Iniziata in sordina e come una guerra ottocentesca, ben presto la Grande Guerra mostrò al mondo che l'era della cavalleria era scomparsa per sempre. Quando poi ci si rese conto che le armi usate erano talmente micidiali da non permettere più di fare la guerra come prima, i soldati di tutti gli eserciti corsero a rintanarsi nelle trincee. E lì rimasero a vivere, soffrire e morire.
E' questo il racconto che ci propone Mario Perrotta con Milite Ignoto - Quindicidiciotto.
Il contesto
Dopo aver affrontato la Prima Guerra Mondiale in "Quattordicidiciotto", parlando degli italiani arruolati nell'esercito austriaco, Perrotta in questa intervista torna a parlare nel successivo Quindicidiciotto del dramma di quei soldati che per la prima volta si trovano insieme a combattere senza conoscersi e senza sapere quasi nulla gli uni degli altri.
Lo studio dei dialetti come idea di partenza, ci racconti.
Da anni porto avanti un percorso personale su tutti i dialetti italiani. La Prima Guerra Mondiale è stata un'occasione perfetta per studiarli, perchè in trincea si incontravano questi ragazzi, ognuno con la sua lingua, e non si capivano. Nelle lettere e nei diari che ho letto lo dicono con molta chiarezza: ho rischiato di morire perchè non capivo gli ordini che mi venivano dati. In trincea si dà vita ad una prima bozza di lingua italiana. Col passare del tempo la scrittura dei militari cambia e acquisisce parti di dialetti che vengono da altre regioni d'Italia. A quel punto ho provato ad immaginare questa lingua nuova, nella quale all'interno della stessa frase ci fossero più parlate.
Un esempio pratico
In un passaggio da un generico lombardo ad un dialetto barese, quando dico che il contadino non è in grado di comprendere le ragioni di stato che portano alla guerra, dico 'I vilàn mìa capìs, nùn capisc, le ragioni del vivere.
La presenza dei giovani a teatro e il loro coinvolgimento su quanto avvenne ai loro coetanei cento anni fa
Siamo stati al Piccolo a novembre e tutta la sera la sala era piena dei ragazzi delle scuole. Fondamentalmente quando capiscono che si trattava di ragazzi della loro età l' impatto è completamente diverso. Mi sono preso la briga di dire loro: erano diciassettenni o diciottenni che andavano a sparare su altri diciassettenni o diciottenni. Immaginatevi cosa accadrebbe se domani voi tornaste a casa e riceveste una cartolina in cui vi dicessero che dovete farlo anche voi, invece di prendere l'autobus per andare a scuola. Questa cosa li spiazza fortemente: non sembra più a questo punto qualcosa di lontano.
La guerra oggi
Oggettivamente oggi la guerra ce l'abbiamo in casa. E' una guerra strana, fatta di singoli che si fanno saltare per aria. Invece quei soldati non è che avessero scelto di combattere. Erano contadini di Siracusa o di Cuneo che neppure sapevano dove fossero Trento e Trieste. Oggi se salto in aria in un supermercato perché c'è una guerra fatta con altre modalità divento "ignoto" nel senso che subisco le scelte che vengono prese altrove da poche persone. Ignoto nel senso di dimenticato". Con 'Milite Ignoto' cerchiamo di non dimenticare.
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